Recensione | La Città di Ottone, di S.A. Chakraborty


 Recensione 


Buongiorno Inkers e buon martedì, come state? Io oggi lavoro solo mezza giornata (in ufficio) perché poi devo andare a fare una visita, dopodiché andrò dal man che è il compleanno di suo nonno.
Per quanto riguarda i libri, però, finalmente posso portarvi la mia recensione de "La Città di Ottone", di S.A. Chakraborty, edito da Mondadori che ringrazio per la copia digitale omaggio in occasione del Review Party.

Recensione | La Città di Ottone, di S.A. Chakraborty

TRAMA:
LA CITTÀ DI OTTONE
THE DAEVABAD TRILOGY #1
S.A. Chakraborty

⭐⭐⭐⭐

https://www.goodreads.com/book/show/53289782-la-citt-di-ottone
Editore: Mondadori
Prezzo: Cartaceo 22,00€ | Ebook 9.99€
Pagine: 528
Data uscita: 16 Giugno 2020
Genere: Historical Urban Fantasy
EGITTO, XVIII SECOLO. Nahri non ha mai creduto davvero nella magia, anche se millanta poteri straordinari, legge il destino scritto nelle mani, sostiene di essere un'abile guaritrice e di saper condurre l'antico rito della zar. Ma è solo una piccola truffatrice di talento: i suoi sono tutti giochetti per spillare soldi ai nobili ottomani, un modo come un altro per sbarcare il lunario in attesa di tempi migliori.

Quando però la sua strada si incrocia accidentalmente con quella di Dara, un misterioso jinn guerriero, la ragazza deve rivedere le sue convinzioni. Costretta a fuggire dal Cairo, insieme a Dara attraversa sabbie calde e spazzate dal vento che pullulano di creature di fuoco, fiumi in cui dormono i mitici marid, rovine di città un tempo maestose e montagne popolate di uccelli rapaci che non sono ciò che sembrano. Oltre tutto ciò si trova Daevabad, la leggendaria città di ottone. Nahri non lo sa ancora, ma il suo destino è indissolubilmente legato a quello di Daevabad, una città in cui, all'interno di mura metalliche intrise di incantesimi, il sangue può essere pericoloso come la più potente magia. Dietro le Porte delle sei tribù di jinn, vecchi risentimenti ribollono in profondità e attendono solo di poter emergere. L'arrivo di Nahri in questo mondo rischia di scatenare una guerra che era stata tenuta a freno per molti secoli.

SERIE: THE DAEVABAD TRILOGY
[IN CORSO IN ITALIA]

1. La città di ottone
2. The kingdom of copper (ancora inedito in Italia)
3. The empire of gold (ancora inedito in Italia)


Cinquecentoventotto pagine non sono esattamente un buon modo per approcciare un libro. Personalmente sarei la prima a desistere perché la mole di pagine di spaventerebbe, ma quando ho avuto la possibilità di leggere in anteprima "La Città di Ottone" non ho assolutamente potuto tirarmi indietro perché è bastata la trama a farmi dire "Sì!".

Chiudendo gli occhi, allungò le dita nella sua direzione e cercò di concentrarsi. Sarebbe stato meglio toccarlo, ma non osava. Le sembrava il tipo d’uomo che si sveglia di pessimo umore.
Dopo qualche minuto si interruppe, sempre più turbata. Non c’era niente. Nessun cuore pulsante, niente sangue né bile. Non riusciva a percepire organi, non c’erano le scintille e i gorgoglii delle centinaia di processi naturali che mantenevano in vita lei e qualunque altra persona in cui si fosse mai imbattuta. Persino la sua respirazione era sbagliata; il movimento del petto era fasullo. Era come se qualcuno avesse creato l’immagine di una persona, un uomo fatto di argilla, ma avesse dimenticato di infondere un’ultima favilla vitale. Era... incompleto.

Non ho mai fatto mistero di essere un po' stufa dei fantasy dal sapore medievale e dalle sfumature gotiche che si rifanno a mitologie occidentali, quindi "La Città di Ottone" di S.A. Chakraborty è stata una ventata d'aria fresca. E sì, lo è stato nonostante le sue cinquecentoventotto pagine perché nonostante i capitoli eterni - purtroppo sono lunghi - lo stile dell'autrice è così fluido e magnetico che le pagine giravano e io nemmeno me ne accorgevo.

«Sai, se hai sangue Nahid, probabilmente vivrai per qualche secolo.» Dara si piegò all’indietro e si puntellò su un gomito. «Dovresti lavorare un po’ sulla tua pazienza.»
«Se andiamo avanti così, ci vorrà qualche secolo solo per finire questa conversazione.»

Ad alcuni le descrizioni di usi e costumi, ambienti, decorazioni, profumi e cibo potrebbero sembrare superflue, noiose anche, ma per me non è stato così.
Sarà un po' deformazione professionale la mia - d'altra parte "Storia del Costume" era la mia seconda materia preferita dopo "Illustrazione" - ma io ho profondamente amato la sensazione di poter toccare con mano e percepire il mondo in cui vivono i personaggi.

«È da un po’ che voglio conoscerti, principe Alizayd» proseguì Dara, schivando l’affondo successivo con un passo laterale. «Gli uomini di tuo fratello parlavano sempre di te; ho sentito che sei il migliore zulfiqari della tua generazione, bravo e veloce come Zaydi stesso. Anche Muntadhir era d’accordo; dice che ti muovi come un danzatore e colpisci come una vipera.» Rise. «Ne è così orgoglioso. Che cosa dolce. Succede raramente che un uomo parli con tanto affetto del suo rivale.»
«Io non sono suo rivale» sbottò Ali.
«No? Allora chi diventerà re dopo tuo padre, se dovesse succedere qualcosa a Muntadhir?»
«Cosa? Perché?» Una breve e irrazionale paura gli strinse il cuore. «L’hai...»
«Sì» disse Darayavahoush, con la voce che grondava sarcasmo. «Ho assassinato l’emiro e poi ho deciso di tornare a Daevabad a vantarmene, perché mi sono sempre chiesto che effetto possa fare avere la propria testa infilzata su una picca. Oh, non ti inquietare, principino» continuò. «Mi è piaciuta la compagnia di tuo fratello. Muntadhir si gode la vita e parla troppo quando beve... come si fa a non apprezzarlo?»

In questa storia ci sono molti personaggi, ma è difficile dire effettivamente chi sia il villain. La protagonista indiscussa di questo libro è Nahri, ventenne con diversi doni al di sopra della media ma che non crede assolutamente alla magia. Peccato che sia proprio la magia ciò che la porta al centro di una sorta di guerra fredda fra due fazioni di jinn.
Se vi chiedete cosa siano i jinn è presto detto, avete presente il genio della lampada di Aladdin? Ecco, toglietegli la lampada (intesa come prigione) e i bracciali (intesi come segno di schiavitù) e avete i jinn. Ovvio, io ora ve la sto facendo moooooolto semplice, ma la storia dietro queste creature è molto più complessa e affascinante.
Come stavo dicendo, Nahri si ritrova sul malgrado al centro di una faida che dura da millenni sui cui due lati abbiamo Dara e Alizayd a capeggiare le due fazioni rivali.

«E quindi ti limiti a vivere con questi poteri come se niente fosse?» le domandò. «Non ti sei mai chiesta perché li hai? Per l’occhio di Solimano... potresti rovesciare governi e invece derubi i bifolchi!»

Ora, Alizayd all'inizio non è che mi piacesse molto, ma come personaggio rende perfettamente l'idea che l'autrice vuole rendere. Lui è stato cresciuto basandosi sulla versione della storia che la sua fazione, quella apparentemente vincente, conosce. Per lui non c'è altra verità. È bello vedere come, costretto a rapportarsi con Nahri, riesca a poco a poco a mettere in discussione se stesso. È davvero tutto oro quello che luccica?
Dall'altro lato c'è Dara che vabbé, che ve lo dico a fare, ha fatto salpare la mia ship con la sua irascibilità e le sue contraddizioni. Lui, per come ci viene presentato, è quello che dovrebbe avere tutte le risposte, che dovrebbe essere al di sopra delle parti, eppure c'è ben più di un mistero che lo circonda e queste incognite sono proprio ciò che mi ha incuriosito di più, che mi ha spinta ad andare avanti a leggere.

«Mi hai frainteso.»
«No, per niente.» L’Afshin gli rivolse un sorriso tagliente. «Un tempo sono stato anch’io un giovane guerriero della tribù dominante. È una posizione privilegiata. Tanta fiducia nella rettitudine del proprio popolo, tanta incrollabile fede nella propria religione... Goditela» concluse, malinconico.
«Non ho niente in comune con te» ribatté Ali. «Non farei mai le cose che hai fatto tu.»
L’Afshin aprì la porta. «Prega che non ti venga mai ordinato, Zaydi.»

La prima parte del libro vede Nahri e Dara in viaggio verso Daevabad, la patria dei Jinn e durante questo percorso come lettori veniamo letteralmente investiti da una quantità esorbitate di informazioni che, senza il cartaceo in mano, rende davvero complesso seguirne i fili. E questo, purtroppo, per me è stato un grosso scoglio. Se da un lato questo bombardamento di "storia" crea una sorta di suspense, dall'altro ci si ritrova completamente spaesati e non in grado di mettere insieme tutti i pezzi se non si torna indietro a fare il punto.

Una volta però giunti alla meta, in questo luogo intriso di magia che dovrebbe essere la patria di tutte le creature magiche del fuoco, Nahri - e con lei il lettore - si rende conto che Daevabad non è il paese dei balocchi che le era stato venduto perché all'interno della città stessa altri giocatori sono scesi sulla scacchiera ed è in questo contesto che viene svelata tutta l'ambiguità dei jinn.

«Ci vuole tempo per arrivare alla grandezza, Banu Nahida. Spesso le cose più possenti hanno gli inizi più umili.»

E qui devo fare i miei complimenti all'autrice perché in questa storia riesce a portare a galla tematiche totalmente contemporanee facendo mettere in discussione il lettore stesso senza necessità che nessuno si senta in torto verso se stesso o verso gli altri.
Tutti i personaggi sono perfettamente imperfetti. A partire da Nahri, da cui tutti si aspettano grandi cose - buone o cattive che siano - ma lei un po' perché non riesce un po' perché non vuole, non è all'altezza delle aspettative. Abbiamo Dara che è intollerante verso la piega che ha preso il mondo, lui se potesse darebbe fuoco al formicaio, ma è talmente misterioso e tormentato che è inevitabile chiedersi se non abbia poi così torto come sembra. Infine c'è Alizayd, lui che è pieno di buone intenzioni ma talmente ingenuo da non rendersi conto che le buone intenzioni spesso non bastano.

«Forse mi sono sbagliato su come è andata nell’infermeria. Forse Darayavahoush ti ha trovata fra le braccia di un altro uomo. Un giovane uomo il cui nome fa ribollire il sangue dei daeva...»
Nahri si ritrasse. «Non lo faresti. Credi che adesso la gente voglia il sangue di Ali? Se pensassero che lui...»
«Se pensassero che lui avesse fatto cosa?» Le rivolse un sorriso condiscendente. «In quale mondo gli uomini e le donne pagano lo stesso prezzo per la passione? Biasimeranno te. In effetti la gente ti riterrà particolarmente... abile per essere riuscita a sedurre un uomo tanto religioso.»

La ciliegina sulla torta poi è quell'epilogo con cliffhanger. Quello non l'avevo proprio previsto. Cioè, castelli me n'ero fatta, ma non così alti.
E niente, ora sono in fremente attesa del secondo!

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Che ne dite, lettori?
Curiosi?





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12 Commenti

  1. Non vedo l'ora di leggere il secondo *__*
    Dara <3

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  2. si ma con "nonostante i capitoli eterni" non mi aiuti per niente...

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  3. Dara. ♥
    Forse sono un po' di parte. u_u

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  4. io di solito amo le descrizioni nei libri, ma qui mi hanno proprio annoiato e non mi hanno nemmeno fatto sentire l'atmosfera da "Mille e una notte" x.x

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    1. L'aria da "mille e una notte" non credo fosse l'obiettivo e personalmente a me non è mancata. Probabilmente non è il tuo "pane" il tipo di linguaggio, per me che ho studiato storia del costume era di un fascino indescrivibile.

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