Recensione: Isola di Neve di Valentina D'Urbano


 Recensione 
No ComfortZone Reading Challenge


Buongiorno Inkers e buon giovedì, come state? Qui tutto nella norma, ieri sera ho avuto la mia prima riunione con redazione di report e ho il cervello un po' fuso. Non è un lavoro complesso, ma mi devo abituare.
In merito ai libri, invece, nella recensione di oggi vi parlo del primo titolo pescato dalla "No ComfortZone Reading Challenge" che mi hanno proposto F e la Cugi per il 2019, ovvero: "isola di Neve" di Valentina D'Urbano, edito da Longanesi.

Recensione: Isola di Neve di Valentina D'Urbano

TRAMA:
ISOLA DI NEVE

Valentina D'Urbano

⭐⭐⭐

Editore: Longanesi
Prezzo: Cartaceo 19,90€ | Ebook 9,99€
Pagine: 500
Data uscita: 13 Settembre 2018
Genere: Narrativa Contemporanea
Un'isola che sa proteggere. Ma anche ferire. Un amore indimenticabile sepolto dal tempo.
2004. A ventotto anni, Manuel si sente già al capolinea: un errore imperdonabile ha distrutto la sua vita e ricominciare sembra impossibile. L'unico suo rifugio è Novembre, l'isola dove abitavano i suoi nonni. Sperduta nel mar Tirreno insieme alla sua gemella, Santa Brigida - l'isoletta del vecchio carcere, abbandonato -, Novembre sembra il posto perfetto per stare da solo. Ma i suoi piani vengono sconvolti da Edith, una giovane tedesca stravagante, giunta sull'isola per risolvere un mistero vecchio di cinquant'anni: la storia di Andreas von Berger - violinista dal talento straordinario e ultimo detenuto del carcere di Santa Brigida - e della donna che, secondo Edith, ha nascosto il suo inestimabile violino. L'unico indizio che Edith e Manuel hanno è il nome di quella donna: Tempesta. 1952. A soli diciassette anni, Neve sa già cosa le riserva il futuro: una vita aspra e miserabile sull'isola di Novembre. Figlia di un padre violento e nullafacente, Neve è l'unica in grado di provvedere alla sua famiglia. Tutto cambia quando, un giorno, nel carcere di Santa Brigida viene trasferito uno straniero. La sua cella si affaccia su una piccola spiaggia bianca e isolata su cui è proibito attraccare. È proprio lì che sbarca Neve, spinta da una curiosità divorante. Andreas è il contrario di come lo ha immaginato. È bellissimo, colto e gentile come nessun uomo dell'isola sarà mai, e conosce il mondo al di là del mare, quel mondo dove Neve non è mai stata. Separati dalle sbarre della cella, i due iniziano a conoscersi, ma fanno un patto: Neve non gli dirà mai il suo vero nome. Sarà lui a sceglierne uno per lei.

AUTOCONCLUSIVO


Se dovessi seguire i consigli di F dovrei lasciare questa recensione in bianco e far sì che il voto parli da sé, ma sapete che non mi piace vincere facile, perciò mi sto armando di coraggio e cercherò di essere molto chiara sul perché questo libro - al di là del fatto che non è il mio solito genere - non mi è piaciuto.

La musica si fa più intensa, sei tu a suonare. Sei il mio ricordo più vivo, il solo a cui abbia mai voluto aggrapparmi. Tutto il resto, perfino il mio nome, l’ho lasciato andare.

Manuel, il primo protagonista, è... boh. Come ve lo definisco? Non ho un aggettivo. Fastidioso, petulante, insopportabile... boh. Vabbé. Per tutto il libro è un continuo bastian contrario, i suoi sentimenti sono confusi e, per carità, visto come sta e quello che ha passato è pure comprensibile, però una si aspetta una crescita a lungo andare e invece questo cambiamento - che le mie amministratrici di challenge dicono di aver trovato - a me è rimasto ignoto perché alla fine del libro si ha l'impressione che Manuel abbia ritrovato un po' della sua umanità, ma in realtà è una cosa che non ci è data sapere perché nel momento in cui i due si avvicinano alla soluzione del mistero tutti i problemi passano in secondo piano e non vengono più toccati.

«Noi ci conosciamo poco» disse. «Ma mi sembri il tipo capace di fare del male solo a se stesso.»

Nel presente, insieme a Manuel, abbiamo Edith. Edith che in realtà non ha nessun problema. Cioè lei è lì per risolvere un mistero a cui è affezionata, ma al di là di questo non ha segreti, non è sul punto di veder cambiare la sua vita. Lei è una specie di Fata Turchina che ti indirizza sulla strada da percorrere, ma alla fine sei tu a fare le tue scelte. Badate che ho scelto apposta la Fata, come metafora, al posto del Grillo Parlante, perché lei non fa le veci della coscienza di Manuel; lei non gli dice cosa è giusto e cosa è sbagliato. Lei lo prende come viene, luna buona o storta che sia, e lascia che sia Manuel a plasmare se stesso. E questo mi è piaciuto molto - una delle pochissime cose che salvo - perché incontro sempre personaggi femminili con la sindrome della crocerossina, invece Edith non è lì per salvare Manuel, né da se stesso né dal mondo esterno. Ha una missione e non importa chi si metterà sulla sua strada, lei lo travolgerà come un treno.

Edith era così. Sembrava innocua, ordinaria.
 E invece non c’era niente di semplice in lei.
 Non c’era niente di semplice con lei

Arriviamo quindi a parlare del passato, per me la parte più interessante e, a pensarci a mente fredda, anche la più surreale. Davvero, mentre leggevo ero persa tra le righe e le parole e non ci ho dato peso, ma alcune delle cose che succedono alla prigione... beh, diciamo che nella vita reale la Dea Bendata non sarebbe stata poi così cieca per far accadere tutte quelle casualità.
Comunque, Neve e Andreas. Il passato. Paradossalmente sono entrata in sintonia più con Andreas, prigioniero di Santa Brigida che non con gli altri personaggi, Neve compresa.
Neve. Con lei ho avuto un rapporto davvero complicato perché l'autrice ne scrive come se fosse una bambina di dieci anni nel corpo di una di diciassette. Se posso capire l'ignoranza per via del contesto - anni Cinquanta, isola sperduta nel mare, quasi nessun contatto con dei coetanei, solo la vita da pescatrice e la seconda elementare di istruzione - dall'altro non ho proprio tollerato il modo in cui Neve passa per ingenua quando, appena entra in contatto con il prigioniero, questa caratteristica non le appartiene più.

Se ami davvero qualcosa, la ami a tal punto da farti del male.

Di Andreas non sappiamo molto, almeno non fino alla fine del libro quando i segreti vengono svelati, eppure è senza dubbio il personaggio che ho apprezzato di più. Il suo bisogno di un contatto umano, la curiosità e l'empatia che prova per Neve, il modo in cui i suoi sentimenti si riversano incontrollati e inaspettati. Da Neve quasi te lo aspetti, Andreas è una novità, la curiosità la fa da padrona, ma lui... è quasi come se avesse la sindrome dell'eroe, anche se sia noi che lui sappiamo benissimo che non ci sono possibilità.

Lui l’aveva toccata nella testa, aveva acceso qualcosa, una piccola scia di luce dentro un abisso di buio. La prima stella della sera che accendeva pian piano tutte le altre. E le stelle, si sa, guidano le navi e non si spengono.

Per quanto riguarda la trama ho apprezzato tantissimo l'indagine, la ricerca, della verità e della storia di Andreas. Strano, ma vero, mi è piaciuta anche l'alternanza presente e passato perché venivano usati, entrambi, per colmare i buchi e fare rivelazioni, senza che questi si ripetessero nel tempo nativo della scena.
C'è anche un'altra cosa che mi è piaciuta tantissimo, a ben vedere era prevedibile, ma quando ci sono arrivata la mia reazione è stata un sonoro WTF. In bene eh, perché sono quelle cose che stimolano proprio la curiosità.

Lui non c’era più, ma i muri rimanevano. Sgretolati, a pezzi, erosi dall’umidità, ma rimanevano. E custodivano storie, le raccontavano a chi sapeva ascoltare.

A livello di stile posso dire che questo non mi è piaciuto quasi per nulla perché troppo frammentato. Ovvio, una volta ingranata la lettura non ci ho più fatto caso, però l'inizio mi ha messo non poco in difficoltà. Il problema maggiore che ho riscontrato è che non c'è una variante tra il linguaggio narrativo del passato e quello del presente. Non mi riferisco a come parlano i personaggi, la dialettica va bene vista l'ambientazione sia fisica che temporale, ma ho trovato questa cadenza "regionale/antiquata" molto, decisamente troppo, presente laddove non era necessaria (soprattutto nei capitoli ambientati nel presente).

Oggi è il mio compleanno. Compio trentadue anni. Ti ho raggiunto e superato. Sto invecchiando senza di te.
 Mi chiedo sempre dove sei. Mi chiedo sempre se da qualche parte ci sei ancora.
 Se qualcuno, prima o poi, si ricorderà di noi e verrà a cercarci.

In generale non è una lettura che sconsiglio, sicuramente chi apprezza questo genere si troverà a sguazzare di gioia leggendo questa storia, ma per quanto riguarda me direi che non riesce a farmi riconsiderare il genere per dargli qualche possibilità in più in futuro.

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Che ne dite Inkers?
Conoscete questa autrice e le sue storie?




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13 Commenti

  1. Bhe dai... Mi aspettavo peggio alla fine, è una recensione che non mi fa piangere dalla frustrazione almeno😂 tranquilla cugi che il tuo libro lo troviamo👊

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    1. Trovami un altro "Giardino delle farfalle" e vai sul sicuro!

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  2. Non mi aveva convinta la trama e continua a non entrare nelle mie grazie... bella recensione ;)

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  3. In realtà sono contenta che tu abbia dato 3, e non ti ho detto di lasciare in bianco ma di elencare pro e contro XD (oppure di scrivere quello che dicevo io!)
    Io sono amante di questo genere di libri in momenti giusti, per me Neve è capitata al momento giusto e l'ho amato, ma sapevo che per te era no! Ho altri assi nella manica XD

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  4. anni fa ho letto due libri suoi che mi sono piaciuto molto, poi mi sono un po allontanata dalla narrativa quindi non penso che adesso potrebbero piacermi

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    1. A me non piace proprio lo stile, quindi penso che faticherei con tutti i libri.

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  5. Questo libro è tra le mie letture in forse,stuzzica un po ' la mia curiosità, quindi prima o poi lo leggerò!

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  6. Molti adorano quest’autrice e, spinta falla curiosità, tempo fa lessi qualcosa di suo. Non sono mai riuscita a farmela piacere, c’è proprio qualcosa nella sua scrittura che non mi convince.

    Comunque recensioni sempre dettagliate, complimenti Jess ❤️

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  7. Ora sono confusa. Non so se voglio ancora leggere il libro, la mia curiosità è scesa drasticamente :(

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